SGUARDI METROPOLITANI

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Il sonno del mattino mi abbrutisce, rimodella le mie espressioni e i miei occhi per lasciarmi una faccia da rodimento di culo (in fondo per metà vera e per metà apparente) che per un paio di ore non riesco a togliermi di dosso. In questi casi sono poche le situazioni che riescono a strapparmi un sorriso, facendo diventare la mia faccia da cazzo, seppur per pochi attimi, il viso di qualcuno in pace con il mondo.  Alcune di queste è quando incontro un cane o un bimbo. Perché tra tanta gente, ammucchiata in metro, sono quelli che ti fissano incuriositi e non giudicanti. Incuriositi soprattutto dalle smorfie che io nascondo agli occhi del padrone o della mamma di turno.
I cani in genere mi fanno morire, starei ore a fissarli nel loro non fare niente, perché sembra invece  che hanno sempre qualcosa da fare, si guardano intorno come se ci fosse qualcosa che attiri continuamente la loro attenzione.
Avete mai provato a fissare un cane? Dopo poco si innervosisce, si agita, fa un paio di guaiti e poi abbaia. Oppure, se invece di fissarli, fai una smorfia con il viso, lo stupore drizza loro le orecchie e gli fa girare di lato la testa. Forse sarà il nostro corrispettivo di quando stringiamo gli occhi per guardare meglio(che poi la logica direbbe che per guardare meglio gli occhi andrebbero aperti di più…).
I bimbi invece, quelli sotto l’anno di vita, ti puntano con quegli occhioni enormi e non ti mollano un istante. Con loro non abbasso mai lo sgurdo per
secondo. Sembra come se mi facessero provare vergogna per essere diventato un adulto (da segnare come materiale per la mia psicoterapeuta).
I bimbi poco più grandi se li guardi e gli sorridi, si intimidiscono. Girano la testa dall’altra parte, ma poi la curiosità è troppo forte e li porta a girarsi di nuovo per osservarti di nascosto (secondo loro). Solitamente la simpatia e la tenerezza dei bambini e dei cani è inversamente proporzionale a quella delle mamme e dei padroni.


E ancora, ci sono le donne anziane, quelle che se gli accenni un sorriso è facile che te lo contraccambiano, perché LORO SANNO che due sconosciuti si possono sorridere anche senza volere altro. Come due marinai sulla stessa barca che si incrociano e, condividendo la stessa esperienza, si sentono autorizzati a comunicare tra loro come se si conoscessero da tempo. E gli anziani sanno che l’esperienza che stiamo condividendo è quella della vita e per questo ci si sente compagni di barca durante una bella vacanza, seppur dal finale tragico.

Per ultimo c’è lo sguardo che ti fissa solo quando lo vuoi tu. A volte lo cerchi volontariamente quando vuoi parlare chiaro, altre ti si presenta impertinente e non richiesto. Appartiene alla persona che ti conosce bene, quella a cui non puoi e non devi mentire, perché se lo fai allora sì che sei veramente solo. Con lei non hai bisogno di dare spiegazioni nonostante sia l’unica autorizzata a giudicarti.  Quello sguardo ti fissa, ti penetra, conosce la strada che porta in quel piccolo angolo che in realtà non tieni nemmeno nascosto, è solo il percorso ad essere ingarbugliato e nessuno ci arriva mai, se non alcune canzoni. Con un impercettibile cenno della testa ti fa capire che sa chi sei. Sei fottuto. O felice. In fondo è quella la felicità, trovare qualcuno che capisce chi sei solo poggiando i suoi occhi sui tuoi.
Quello sguardo è giudicante, a volte severo altre benevolo, può essere sporco o pulito, nitido o sfocato. Puoi abbassare gli occhi per l’imbarazzo o guardarlo con orgoglio. Rimane il fatto che è IL TUO. E’ IL TUO sguardo quello che vedi riflesso su un vetro sporco della metropolitana o su la vetrina di un negozio, nello specchio di un bar o in quello del bagno di casa tua. Ti fa sentire meno solo perché tra tanta gente che pensa di conoscerti lui ti mette la mano sulla spalla, ti sorride e ti fa capire che sa VERAMENTE chi sei. E tu, nudo, ne sei contento.

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