DUE VITE

Condividi

La sveglia suonò, come ogni mattina, alle 6.00 e, come ogni mattina, ricevette una manata tanto forte che smise di suonare.
Lui si alzò, andò in bagno strusciando, ad ogni passo, le ciabatte a terra. Mentre si lavava si guardò allo specchio. “57 anni… me sto a invecchia’, prima o poi devo togliermi lo sfizio di fare un bel viaggio con tutta la famiglia. Lontano, fuori dall’Italia. Il mondo è così grande che la vita andrebbe vissuta per viaggiare e non per lavorare ogni santo giorno.” pensò, guardando il suo viso nello specchio, mentre con la mano tirava su alcune aree di pelle che erano scese.
Si preparò un caffè, si vestì ed uscì. In silenzio. Come da prassi non salutò nessuno, non voleva svegliare sua moglie tantomeno i figli. Sapeva che poi avrebbero faticato a riaddormentarsi e sarebbe stato un peccato. A sua moglie avrebbe poi mandato il solito messaggio per avvisarla di essere arrivato a lavoro.


La sveglia suonò, come ogni mattina, alle 6.00 e, come ogni mattina, ricevette una manata tanto forte che smise di suonare.
Lui si alzò, andò in bagno strusciando, ad ogni passo, le ciabatte a terra. Mentre si lavava si guardò allo specchio. “Oggi rimarrei volentieri a casa… potrei chiamare e darmi malato… ma salterebbe la copertura del turno ed i colleghi si ritroverebbero nella merda…”, pensò sbuffando.
Si preparò un caffè, si vestì ed uscì. In silenzio. Come da prassi non salutò nessuno, non voleva svegliare sua moglie tantomeno i figli. Sapeva che poi avrebbero faticato a riaddormentarsi e sarebbe stato un peccato. A sua moglie avrebbe poi mandato il solito messaggio per avvisarla di essere arrivato a lavoro.

Due uomini diversi, due vite che non si erano mai incrociate, l’unico luogo in comune era una fermata della metro.
Il primo ci passava tutte le mattine con la metropolitana per andare a lavoro. Il secondo ci lavorava, a Marconi.

Il 57enne era in metropolitana con i suoi colleghi quando ricevette un messaggio, lo stesso di ogni mercoledì. Era del gruppo “Amici calcetto”: “Stasera ci vediamo alle 20 al solito posto, poi andiamo a mangiare da qualche parte come sempre”. L’uomo stava mettendo l’icona dell’OK quando…quando sentì premere un macigno pesantissimo sul suo petto, altezza cuore. Il fiato si interruppe, il sudore gli bagnò prima la fronte poi tutto il viso. Infine si accasciò a terra in una smorfia contratta dal dolore..

Aveva iniziato il turno da pochi minuti, gazzetta alla mano stava ridendo e scherzando con i colleghi nel gabbiotto della stazione metropolitana, commentando i vari articoli sul calcio, quando vide arrivare un uomo di corsa gridando “UN INFARTO! UN INFARTO! FATE QUALCOSA!”. Lanciò in aria il giornale e cominciò a correre salendo a larghe falcate le scale mobili. Vide un uomo a terra, gli si inginocchiò vicino e, verificato che non respirava, cominciò immediatamente con il massaggio cardiaco.


A Termini la voce dall’interfono ha avvisato che la fermata Marconi non sarebbe stata effettuata. Lunghi brusii di disapprovazione, tra cui il mio, hanno coperto la seconda ripetizione del messaggio.
In prossimità di Marconi, il treno non si è fermato. Procedeva piano, lento, a passo d’uomo.
Io, seduto, guardavo fuori dai finestrini davanti a me. Sembrava la pellicola di un film che mi scorreva in faccia: ogni finestrino un frame. In uno c’erano 3-4 persone, con lunghe giacche blu, in piedi che parlavano tra loro. La pellicola scorse, lenta. Banchina vuota, poi è arrivatoil frame che mostrava un uomo inginocchiato, stava eseguendo un massaggio cardiaco. L’infartato, steso sul pavimento, non l’ho visto.
A bocca aperta mi sono guardato intorno nel vagone, ma mi è sembrato come se nessuno se ne fosse accorto, nessuno disse niente. Eppure a me un “oh cazzo!” sussurrato spontaneamente uscì. Niente di niente. E’ strano… quando non ci sono grandi reazioni, sembra come se l’accaduto perdesse di gravità.
La pellicola andò ancora avanti, fino a diventare nera. Il treno riprese velocità e si infilò nella galleria.

L’uomo inginocchiato continuava con le compressioni alternate con la ventilazione. L’adrenalina, che per i primi 3 minuti non gli fecero sentire la stanchezza, cominciò a scendere. Le braccia cominciarono a perdere la rigidità richiesta dall’operazione, le spalle ed il collo cominciarono a diventare più dolenti, il dolore da dietro le scapole camminò fin giù ramificandosi lungo tutta la schiena. Le ginocchia che premevano contro il duro pavimento della banchina cominciarono a bruciare. E sudava. Cazzo quanto sudava. Ad ogni decompressione che contava in mente, ad ogni numero che pensava, si dava la forza per non fermarsi e fare la successiva.

Gli articoli di giornale commenteranno “nonostante gli sia stato praticato un massaggio cardiaco, l’uomo non ce l’ha fatta ed è deceduto. Probabilmente un infarto fulminante.”

Siamo tutti comparse visti dalle vite degli altri. A volte anche visti dalla propria. Ma ieri loro due sono stati protagonisti involontari di un brutto film. Io l’unico ospite in sala.
Il soccorritore tornò a casa. Distrutto sia fisicamente che mentalmente.

La sveglia suonò, come ogni mattina, alle 6.00 e, come ogni mattina, ricevette una manata tanto forte che smise di suonare.
Lui si alzò, andò in bagno strusciando, ad ogni passo, le ciabatte a terra.
Mentre si lavava si guardò allo specchio, non disse nulla. Continuava a gettare grandi quantità d’acqua sul volto, in realtà stava cercando di pulire non il viso ma la sua testa, da quelle scene del giorno prima che gli avevano fatto compagnia, tenendolo sveglio, tutta la notte.
Si preparò un caffè, si vestì ed uscì. In silenzio. Come da prassi non salutò nessuno.
Chiuse la porta dietro di sé.


Poi rientrò.
Andò in camera dalla moglie e la baciò, mentre lei dormiva.
Si diresse in cameretta dai figli e baciò anche loro.
Si svegliarono tutti, ma non gli importò.

Leggi l’articolo su LEGGO
https://www.leggo.it/italia/roma/metro_b_morto_roma_marconi-4281496.html

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *