IL FAZZOLETTO DI STOFFA

Condividi

Mi trovo, mio malgrado, alle spalle di un signore non più di primo pelo, alto leggermente più di me. Siamo in metro, le nostre giacche si toccano e lo fanno anche le nostre spalle, soprattutto in curva, in frenata e in accelerazione. Ha capelli fitti e robusti, nonostante siano quasi tutti bianchi, non ha nemmeno una leggera stempiatura, raro per la sua età anche se, di contro, si ritrova con della forfora sulla spalla.

Ci teniamo lungo lo stesso sostegno, la sua mano accanto alla mia sembra gonfia e mostra grandi nocche ossute ricoperte da una pelle fina e leggermente scollata.

Sulla sua guancia vedo una carta vetrata fatta di peli di barba in ricrescita, fitti anche loro, che sbucano da una pelle che ha cominciato anche lei a scollarsi già da qualche anno, brevi venuzze fini e rosse si diramano lungo le guance tappezzate da tinte rossastre su fondo chiaro.

La sensazione immaginata di quelli spilli, che dalla sua mascella pungono la mia guancia, apre il mio cassetto dei ricordi e ne pesca uno a cui tengo particolarmente.

La mia testa, come se non bastasse, per completare il quadro, dà una pennellata di vecchio Denim sul mio olfatto, facendomene sentire il profumo, nonostante, in realtà, non ci sia. Chiudo lo stesso gli occhi e avvicino il naso per sentirlo ancora più forte. Questo sconosciuto sembra ora di conoscerlo, diventa quasi familiare: “Che strana sensazione,” penso, immagino di avvicinarmi di più… di abbracciarlo forte… di poggiare la mia guancia sulla sua. Gli angoli esterni degli occhi si inumidiscono nel momento in cui bisbiglio al suo orecchio: «Ciao papà… puliscimi ancora una volta la fronte, inumidendo con la saliva uno dei tuoi fazzoletti di stoffa.»

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *