4 STORIE BREVI

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Io sono uno che quando racconta una cosa, soprattutto agli sconosciuti, la riassume per paura di annoiare. Di contro invece mi ritrovo frequentemente a subirmi filippiche bibliche da chiunque. Io cerco di far capire che preferirei una ginocchiata sulle palle piuttosto che continuare ad ascoltarli, ma credo di non essere mai abbastanza palese…

Ne racconto giusto una manciata:

  1. Un tipo in treno mi ha raccontato che anni fa aveva cinque bar, faceva soldi a palate, si trasferì poi a Pordenone perché conobbe una donna. Lì conobbe anche un napoletano con cui conobbe il casinò in Slovenia. Tutti questi conobbe lo portarono dopo un anno a giocarsi tutto quello che aveva, tutti e cinque i bar. L’unica cosa che gli rimase era la moglie. Ora è tornato a Roma e lei lo retribuisce con dieci euro al giorno, non un euro di più. Termina dicendo: «Ormai non me fa grattà manco più i cartoncini del parcheggio.»
  • Bar, alla cassa c’è un uomo col cellulare in mano, io vado al bancone in attesa che qualcuno mi chieda cosa voglio. Lui: «Ahó ma non c’è nessuno dentro a ’sto bar?» Esce dalla cucina una donnona, mentre si asciuga le mani con la parannanza risponde a tono: «Vedi che c’ho ragione che te sei ingrassato? Ormai te pesa il culo pure per fare un caffè!» Poi si gira verso di me sorridendo: «Che ti faccio tesoro?» Rispondo: «Un caffè» e chiedo se sono sposati. Risponde lui avvicinandosi: «Boh, lei dice de sì… io non l’ho ancora capito» e poi aggiunge stupito: «Per ventisei anni non ha mai rotto ’r cazzo te giuro… Prima uscivo la sera e tornavo alle cinque de mattina e mai una lamentela. Mo’, non ho capito che è cambiato, ma so’ tre anni che invece sta sempre a rompe li coglioni.» La moglie annuisce con la testa e conferma: «È vero so’ tre anni che je rompo sempre le palle.»

Ecco, forse questa è l’unica cosa, negli ultimi trentasei mesi, su cui entrambi si trovano d’accordo.

  • Termini, un ragazzo italiano mal vestito chiede soldi, mi racconta che da quando ha perso il lavoro gli hanno tolto tutto: prima Internet, poi Sky, poi il telefono… «E poi la casa», lo anticipo, «E poi la casa» conferma lui.
    Si lamenta che da quando vive in strada ha smesso di mangiare ma ha cominciato a fumare, perché nessuno dà soldi, riceve continuamente solo sigarette (cosa che ho fatto anche io tra l’altro).
    Mi racconta: «Uno l’altro giorno m’ha regalato una scatoletta di Tic Tac! Te rendi conto una scatoletta de mentine… Che ce devo fà io co’ le mentine, io voglio un panino no le Tic Tac!» E pure lui c’ha ragione… ma almeno non si dica che gli puzza l’alito.
  • Quest’’ultima è tragicomica ma simpatica (premetto che finisce bene).
    Incontro una sorta di collega sull’autobus, mi racconta di quella volta che, fermo in macchina al semaforo di un incrocio, un tizio, arrivando da dietro, distratto dal cellulare, non frena e gli va a sbattere violentemente contro. Lui, che non aveva messo la cintura di sicurezza, per la botta parte in avanti, spacca il parabrezza (e la sua testa) e fa un volo di sette metri.
    Questo era il tragi ora viene il comico.Il caso ha voluto che quell’incrocio fosse il confine tra la provincia di Roma e la provincia di Frosinone. Cosa vuol dire questo? Che sono arrivate le ambulanze di entrambe le province e ognuno voleva caricarselo. Una si appellava al fatto che la macchina si trovasse in provincia di Roma, l’altra al fatto che il corpo fosse in provincia di Frosinone. L’uomo a terra, guardia giurata, con una mano in testa per fermare il sangue, chiama il maresciallo dei Carabinieri, che nel frattempo erano arrivati sul posto, e gli dà la sua pistola di ordinanza.

«Per sicurezza e non portartela dietro?» chiedo io (e glielo chiese pure il maresciallo).

«No», mi risponde, «je dico marescia’ prenda ’sta pistola sennò a questi glie sparo e poi dovrete chiamà pure una terza ambulanza!»

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