MARCELLO

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Termini, un pennellone mal vestito con i capelli zozzi, arruffati e, giusto per completare tanta bellezza, pure senza denti, si aggira chiedendo soldi e sigarette.

Sbuca da un angolo Marcello (non ricordo bene il nome nonostante mi sia capitato di farci 4/5 chiacchierate spalmate su 15 anni) sulla sua sedia a rotelle, portatrice sana di un problema e di buste e borse varie.

Il pennellone come lo vede non esita un attimo: «A Marce’, ‘ndo devi anna’? Fermate che te ce porto io».

Afferra saldamente le maniglie e, con la serietà di un pilota militare, parte e si allontana portandolo chissà dove.

E io penso ”… vedi alla fine, uno magari non lo direbbe e invece è stato più gentile di tante altre persone… o magari l’ha fatto semplicemente perché non aveva niente da fare e così si tiene occupato…” però entrambe le considerazioni sono troppo facili, mezze vere e mezze false.

Mi pongo allora una serie di domande, voglio capire come va letta questa scena, nel frattempo alzo lo sguardo verso il tabellone delle partenze, leggo il binario del mio treno e….. «cazzo è tardi!», comincio a correre tra la gente con l’unico pensiero di riuscire a prendere il treno in tempo.

A Marcello ci pensiamo domani!

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