LE CIAVATTE

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Le guardavo le pantofole completamente ricoperte da una folta pelliccia violacea, estremamente kitsch, “gagliarde” penso,  perché sono dell’idea che ognuno di noi a casa propria  può fare e soprattutto vestirsi come pare e piace.

… a casa propria però…non in metropolitana…

Tra l’altro c’è così tanto pelo che non riesco nemmeno a vedere se porta dei pedalini, delle calze o se i piedi sono nudi. In ogni caso con questo freddo scommetterei che se gli dessi una martellata non sentirebbe dolore, al massimo le dita si spezzerebbero come cocci.

E’ più forte di me… non posso esimermi dal far capire, con educazione, a questa signora 50enne che la porta davanti a lei è quella del vagone della metro e non del bagno di casa sua ed il cappotto che indossa non è una vestaglia e quindi quelle pantofole sono inappropriate; così impunemente guardo le ciabatte e poi lei, facendo una piccola espressione per dirle “a signo’ ma ‘ndo va in giro co’ ste ciavatte”.

La signora recepisce il messaggio, non è né contrariata né divertita ma di tutta risposta lancia  un’occhiata alle mie di scarpe e poi guarda me. Le sue sopracciglia si avvicinano e storce leggermente il capo per dirmi qualcosa del tipo “io eh? So’ belle le tue… dove ci  devi andare con quelle scarpette colorate, a giocare a bowling?”.

“Non te inventa’ niente, le mie sono scarpe normalissime, solo un po’ colorate…le sue piuttosto so’ du’ ciavatte”, è il messaggio che le invio con un’evidente arcata di sopracciglia accompagnata della mia bocca serrata ed allungata verso l’esterno.

La serie di piccoli movimenti del capo e le baluginanti espressioni del viso sono dardi lanciati l’uno contro l’altro  che continuano a portare messaggi non detti:

“Scusa hai ragione, le tue non sono da giocatore di bowling… ma da clown!Medrano o Orfei?“

“Qui se c’è qualcuno che fa ridere è proprio lei “

“Antico, le mie sono pantofole alla moda”

“Ma alla moda de che, anche se fosse… stamo a Garbatella mica alla fashion week di New York.”

“Ignorante!”

“Ridicola!”

Alzo bandiera bianca, non voglio infierire ulteriormente, tantomeno infrangere la regola che vuole che ogni discussione tra i due sessi debba finire con la fatidica frase finale dell’uomo: “Vabbè, c’hai ragione te”.

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